Recessione crisi e commercialisti

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La crisi c’è …  si sa….. ma come viene affrontata da noi commercialisti? Un interessante articolo de IlSole24Ore sugli studi professionali (dove sono stato intervistato) fa il punto sulla situazione in Italia.

Incollo qui sotto l’intero articolo:

(Articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” di lunedì 29 dicembre 2008)

Si scrive “crisi”, ma si legge “sfida” per Claudio Siciliotti, presidente dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

“Sono tempi duri, sia chiaro – spiega – ma se l’ottimismo è il primo requisito richiesto a chi vuole fare impresa, è evidente che esso è due volte richiesto a chi, come noi, è  chiamato al suo fianco per consigliarlo nelle scelte strategiche  più importanti”.

Che la crisi non risparmi nessuno è ormai cosa certa. “Non bisogna tuttavia mai dimenticare – sottolinea il presidente – che a volte le crisi possono anche rappresentare una opportunità, per chi sa cogliere questa fase come un momento di discontinuità e di riflessione, su cui impostare il rilancio e la ripartenza del proprio business sul medio-lungo periodo”. Per spiegarsi meglio Siciliotti fa un paragone: “Pensiamo al Giappone del dopoguerra: un Paese in crisi, devastato dalla bomba atomica. Un Paese che nei 20 anni successivi è diventato una super potenza. Come? Rimboccandosi le maniche, lavorando sodo senza lamentarsi troppo. Ecco, noi dobbiamo seguire questo esempio”. Se, da una parte, il presidente Siciliotti prova a vedere il bicchiere mezzo pieno, dall’altro i commercialisti cominciano a percepire un lieve affanno. Mentre fino a settembre la crisi era solo nell’aria, ora la si può leggere nelle righe dei piani aziendali. Riduzione del capitale sociale. Collegi sindacali commissionati. “Nell’ultimo anno – dice Gianfranco Barbieri, professionista di Bologna – non c’è stato alcun incarico straordinario legato a nuove acquisizioni, solo ordinaria amministrazione”. Rispetto a cinque anni fa, stima Antonino Salvaggio di Palermo, il numero di imprese clienti è diminuito di circa il 30 per cento.

Un segno della difficoltà vissuta dai commercialisti è la mancanza di progetti di ammodernamento negli studi, ad esempio nell’investimento in nuove tecnologie. Una delle strategie più diffuse, specie al Nord, resta invece l’aggregazione di più professionisti, in grado, se non di ampliare il portafoglio clienti dei singoli, almeno di abbattere le spese per la locazione dello studio e l’acquisto di programmi contabili. Come tanti altri professionisti, anche i commercialisti sono chiamati a una consulenza più articolata. “Siamo quasi diventati degli psicologi – scherza, ma non troppo, Elena Vaccheri di Lecco -, confessori ai quali rivolgersi davanti ai dubbi che attanagliano l’imprenditore in difficoltà: resto o mi trasferisco all’estero? Riduco il personale o vendo?”.

Oltre che a una prestazione più qualificata, la difficile situazione invita il professionista a diversificare l’attività. C’è chi si sposta sul ramo aziendale, chi si specializza nell’assistenza alla delocalizzazione. “Uscito dallo studio, lavoro al tribunale come custode per le procedure esecutive immobiliari – dice Marcello Milone di Roma – Il secondo lavoro sta aumentando, ed è uno dei segnali delle crisi”.

Difficile è anche farsi pagare. A corto di liquidità, le imprese chiedono spesso una dilazione dei termini per onorare la parcella, quando c’è il pericolo di fallimento inviano lettere per richiederne l’abbattimento del 40-50 per cento. “La misura a cui ricorriamo in questi casi è il differimento, più raramente una rinegoziazione. Ma non si può pretendere di vedersi abbassare le tariffe senza perdere in qualità del lavoro”, aggiunge Milone. “Ho emesso fatture a ottobre che forse verranno pagate nel 2009 – dice Paolo Nigro di Napoli – Non è un caso che la maggior parte degli studi stia riducendo i propri investimenti e le assunzioni di personale”.

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