Medico che Dirotta i Pazienti in Studio? E’ reato!

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Il chirurgo che, dopo aver operato i pazienti in ospedale, li inviti a recarsi nel proprio studio privato per i controlli post operatori, senza però preventivamente informarli che, in alternativa, possono essere assistiti gratuitamente presso la struttura ospedaliera pubblica, commette reato.

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, in siffatta ipotesi si configurerebbe un abuso di ufficio.

I giudici della Suprema Corte, con la sentenza n. 40824/2012, hanno argomentato questa rigorosa tesi sostenendo che l’attività ambulatoriale è di fatto già compresa nel pagamento del ticket versato, in precedenza dall’ammalato, per il ricovero e l’intervento.

Dunque, si finirebbe per far pagare ben due volte al paziente, senza metterlo nella condizione di scegliere ciò. In sintesi, il paziente, sia nel rapporto con il medico che con la struttura ospedaliera, va considerato consumatore (e quindi “contraente debole”) e, in quanto tale, necessita di una tutela più rigorosa, secondo le norme previste proprio dal codice del consumo.

Pertanto, secondo gli Ermellini, il paziente va messo al corrente, anticipatamente e in modo chiaro, del proprio diritto di usufruire di una prestazione già pagata col ticket.

Secondo la Cassazione la condanna per abuso d’ufficio nei confronti del medico è giustificata dal fatto che il medico, con la sua condotta, si procurava un ingiusto vantaggio patrimoniale dal momento che dopo le dimissioni dall’ospedale, il medico invitava esplicitamente i pazienti a fare la visita post operatoria presso il proprio studio professionale (visite a pagamento al prezzo di 200 euro ciascuna), senza informarli della possibilità di ottenere la prestazione presso il presidio ospedaliero senza spese ulteriori in quanto l’attività era già remunerata dalla tariffa corrisposta per l’intervento chirurgico.

 

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